Un’analisi delle filiere produttive bergamasche conferma l’importanza del sistema casa

Giovedì 31 Ottobre 2019

Un’analisi delle filiere produttive bergamasche conferma l’importanza del sistema casa

Seguono in classifica meccanica strumentale e metallurgia-siderurgia. Al secondo posto per numero di addetti è però l’agroalimentare. Manifatturiera la specializzazione territoriale

In termini di imprese, addetti e valore aggiunto generato, la filiera del sistema casa è senz’altro la più importante in bergamasca e rappresenta da sola circa il 21% del valore generato dalle unità locali della provincia (3,8 miliardi di euro). È connotata da un sistema di micro e piccole imprese (molte delle quali artigiane) e da una produttività del lavoro piuttosto bassa.

Seguono due filiere dalla forte connotazione industriale: la meccanica strumentale (1,8 miliardi di euro) e la metallurgia-siderurgia (1,4 miliardi di euro), formate al contrario da unità locali di dimensioni maggiori (in media sui 10-12 addetti) e caratterizzate da un’elevata produttività.

L’agroalimentare (agribusiness) genera in provincia un valore aggiunto di 1,4 miliardi di euro e occupa 28 mila addetti, risultando la filiera occupazionalmente più rilevante dopo quella del sistema casa. Va specificato che questi valori sono al netto del settore agricolo, non compreso nei dati analizzati.

Una filiera importante del made in Italy come il sistema moda coinvolge in provincia 5 mila unità locali di imprese che generano un valore aggiunto di 1,1 miliardi di euro: si tratta di imprese di dimensioni ridotte caratterizzate da bassa produttività, determinata anche dall’elevata intensità di lavoro richiesta dalle attività tipiche della filiera. Caratteristiche opposte mostrano invece le imprese della filiera chimico-cosmetica, meno numerose ma in grado di generare lo stesso valore aggiunto, grazie alle maggiori dimensioni e all’elevato livello di produttività (solo la filiera energia mostra valori più alti su questi due indicatori).

Un modo efficace per identificare le specializzazioni territoriali è analizzare la quota di valore aggiunto sul totale regionale. Questa analisi evidenzia la forte vocazione manifatturiera della provincia: se infatti Bergamo genera circa un decimo del valore complessivo dell’economia lombarda, tale percentuale è più elevata per le filiere della metallurgia-siderurgia, della meccanica strumentale e della chimica-cosmetica, tre filiere a forte componente industriale, caratterizzate da elevata produttività, che rappresentano sicuramente uno dei segmenti più competitivi dell’economia provinciale.

Seguono i mezzi di trasporto, l’imballaggio (packaging) e il sistema casa, che oltre a essere la filiera più rilevante a Bergamo dal punto di vista dimensionale registra anche un’incidenza sul totale regionale superiore alla media. Le filiere in cui Bergamo risulta meno specializzata sono quelle caratterizzate da una maggiore componente di attività dei servizi, come logistica, turismo-cultura, scienza della vita (life science), mediatico-audiovisivo e tecnologia dell’informazione e della comunicazione (ICT).

Il valore aggiunto delle filiere è stato poi scomposto nell’apporto percentuale di ciascun settore che interviene nella catena produttiva. Il sistema casa coinvolge il maggior numero di settori e in esso si trova un contributo marginale del settore estrattivo, che fornisce le materie prime, e dei servizi di supporto alle imprese, mentre più consistente risulta l’apporto delle attività professionali, scientifiche e tecniche, in particolare degli studi di architettura e ingegneria; i due settori più rilevanti sono però il manifatturiero (33,3%), per la produzione dei materiali da costruzione come il cemento, e naturalmente le costruzioni (42,5%), ma un discreto contributo giunge anche dalle attività immobiliari e dal commercio.

Si conferma la caratterizzazione industriale delle filiere in cui la provincia di Bergamo è specializzata: il 95,3% del valore aggiunto complessivo della meccanica strumentale è infatti originato proprio dal comparto manifatturiero e tale apporto è pari al 91,9% sia per la metallurgia-siderurgia sia per la chimica-cosmetica. Un’altra filiera industriale è quella dell’energia, dove il valore aggiunto è creato per due terzi dal manifatturiero e per un terzo dalla fornitura di energia elettrica e gas.

La manifattura spiega i tre quarti del valore aggiunto nelle filiere dell’imballaggio, del mediatico-audiovisivo e del sistema moda: nel primo caso la quota restante è dovuta al commercio e ai servizi operativi di supporto alle imprese, mentre nel secondo svolgono un ruolo rilevante le attività professionali, scientifiche e tecniche e i servizi di informazione e comunicazione. Nel sistema moda il residuo è invece quasi interamente spiegato dalla componente commerciale.

Un’elevata importanza del commercio si trova anche nei mezzi di trasporto, dove però la componente manifatturiera è ancora prevalente, e nell’agroalimentare, dove il valore aggiunto creato si divide quasi a metà tra commercio e manifattura.

Passando invece alle filiere dove il contributo della manifattura risulta minoritario, oltre al sistema casa, troviamo scienza della vita, dove i due terzi del valore sono generati da sanità e assistenza sociale, e la filiera dell’ICT, dipendente per una quota simile dai servizi di informazione e comunicazione. Risultano invece composte integralmente da attività dei servizi le filiere della logistica e del turismo-cultura, dove il contributo prevalente proviene dalle attività di alloggio e ristorazione.

In un’ottica internazionale è utile capire la posizione delle filiere bergamasche nelle catene del valore globale(1), informazione che si può ottenere incrociando l’informazione relativa all’appartenenza a gruppi di impresa. In particolare l’energia si conferma la filiera formata dalle imprese più strutturate, in 9 casi su 10 organizzate all’interno di gruppi di impresa; seguono la chimica-cosmetica, i mezzi di trasporto e la meccanica strumentale. Invece, le filiere prevalentemente terziarie dove la presenza dei gruppi è più frequente sono quella mediatico-audiovisiva e l’ICT. Più ridotta risulta l’incidenza di imprese appartenenti a gruppi per logistica, scienza della vita e da ultimo il sistema casa.

Non per tutte le imprese è possibile risalire alla nazionalità del vertice, ma si può comunque stimare un peso significativo dei gruppi a controllo estero (intorno al 30%) per le filiere dell’energia, della chimica-cosmetica e dell’agroalimentare, mentre nelle filiere dei mezzi di trasporto, dell’ICT e del sistema moda i gruppi, pur presenti in maniera significativa, sono in larga maggioranza a controllo italiano.

Nella maggior parte delle filiere l’incidenza dei gruppi di impresa a Bergamo risulta simile a quella lombarda, anche se generalmente su livelli di poco inferiori; in alcune filiere tuttavia lo scarto diviene rilevante, in particolare per quelle dove prevalgono le attività dei servizi come mediatico-audiovisivo, ICT, logistica e scienza della vita. Probabilmente il divario è dovuto al peso significativo sulla Lombardia delle imprese milanesi, che risultano molto più strutturate nei comparti del terziario.

 

(1)Per definire le filiere produttive si è seguito un criterio che, da un lato, definisce le principali catene di valore e le attività a esse connesse, dall’altro associa alle singole attività i codici Ateco. La base dei dati utilizzata è di fonte Istat con aggiornamento 2015. Negli ultimi anni è stata posta particolare attenzione allo studio del sistema produttivo dal punto di vista delle filiere e della generazione del valore lungo la catena di creazione, trasformazione, distribuzione e fornitura di un determinato prodotto o servizio. La catena del valore è il sistema di relazioni che intercorrono tra imprese di settori diversi che concorrono alla generazione del valore associato a un bene o servizio.

 

Ultima modifica: Martedì 5 Novembre 2019